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Occlusione

Il termine occlusione si riferisce al modo in cui le due arcate dentali entrano in contatto reciproco. La masticazione è l'espressione funzionale dell'occlusione, e non sarà mai migliore di come è l'occlusione. Nella prima fase di ogni ciclo masticatorio non si ha occlusione, perché i denti non separano mai completamente il cibo interposto. Il cibo masticato e inumidito dalla saliva diventa bolo alimentare. In tempo reale, il controllo sensoriale governa la retroazione di un potente corridoio muscolare che costringe e mantiene il bolo sulle superfici occlusali dei denti posteriori.
La funzione masticatoria non procede con l'uniformità di un moto ciclico tipo biella e manovella, ma è un processo di adattamento dinamico. Infatti la programmazione del movimento mandibolare è obbligata a una regolazione precisa di energia e velocità (Anderson), perché, a differenza del movimento di un arto, questo avviene contro un ostacolo rigido e attraverso una massa duttile. Senza un monitoraggio sulla situazione del bolo alimentare in transito, il motore muscolare cieco porterebbe a conseguenze catastrofiche.

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Il cibo

Il cibo è la prima condizione d’esistenza, e la sua privazione, contro il parere delle modelle anoressiche, è causa di morte per qualsiasi forma di vita animale. Nel mondo vegetale il caso è diverso, perché questi organismi sono autotrofi, cioè riescono a produrre il loro nutrimento direttamente da sostanze inerti (l'aria, l'acqua, il terreno). Il messaggio genetico del seme dove cade rimane, nella buona e nella cattiva sorte, senza opzioni individuali. Nel mondo animale invece esiste un rapporto interattivo con il carburante della fiamma vitale definito cibo, costituito da glicidi, lipidi, protidi e oligoelementi. La disponibilità alimentare è correlata alla motricità: se voglio mangiare un frutto, o mi arrampico sull’albero o vado al supermercato. Tutti gli animali hanno una motricità di specie. “Nomen omen”, l’animale immobile non esiste. Gli animali tendono verso una socialità di gruppo, oltre che per lo scambio del DNA, per una collaborazione di ricerca e di provvista alimentare, per loro stessi e per la prole che attende al riparo, nido o tana che sia.

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La masticazione

1. “La natura non fa nulla d’inutile” (Aristotele, 384–322 a.C.). Cento anni fa qualcuno ha detto che le cuspidi dei denti non servono a niente. Alcuni erano convinti che l’usura delle cuspidi fosse cosa buona e giusta per la salute del parodonto. Un altro ha pensato che sarebbe sempre meglio estrarre i denti avvelenati dai batteri coltivati nelle radici. Nessuno si è spinto a dire che i denti debbano essere mantenuti sporchi, ancora, ma ora i moderni sono meno metafisici.

2. Importanza delle cuspidi. Le cuspidi sono gli utensìli elementari dell’articolazione. Le altre parti dei denti sono soltanto i manici ai quali sono fissati tali utensìli. Le cuspidi integre distribuiscono le forze e diminuiscono il carico unitario, ma quando i versanti attivi delle cuspidi vengono sfigurati dalla usura fino a ridursi a piani inclinati sfaccettati, la funzione masticatoria si corrompe: perché il cibo, anziché tagliato, viene maciullato dai denti logorati, con uno sforzo muscolare maggiore. Una occlusione senza cuspidi è una occlusione paralitica (PKT). Un’armoniosa architettura delle cuspidi ritarda enormemente l’avvento della inevitabile usura senile. Si riconosce una azione abrasiva del cibo, oggi minima rispetto a quanto accaduto in passato. (Gli egizi, per esempio, panificarono all’aperto insieme alla sabbia del deserto portata dal vento). Solo in bocche male occluse si ammette una attività muscolare a vuoto, senza scopo apparente, cioè un onanismo occlusale. Perché s’instaura questo tic che induce i denti a masticare se stessi?

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Dialogo sopra i minimi sistemi

Non occorre essere stupidi per fare sciocchezze. Questo è il titolo di un gustoso libello scritto da Paolo Legrenzi, professore di psicologia a Venezia. L’autore espone un repertorio di sciocchezze fatte da capi di stato o maestri del pensiero, che contro ogni buon consiglio riuscirono a fare errori clamorosi. Il caso più emblematico e tragico è forse quello del dottor Ignatz Semmelweis (1818-1865), medico di origine ungherese che lavorava nel primo reparto di Maternità dell’Ospedale Generale di Vienna, considerato una struttura di eccellenza. Per dare un’idea del problema si pensi che una donna su dieci che avevano partorito uno dei ventimila bambini nati dal 1842 al 1846 era morta. Nel 1847 il nostro divenne assistente, e in quell’anno record una donna su sei era morta di febbre puerperale presso il primo reparto. Nel secondo reparto adiacente il tasso di mortalità era dell’uno per cento. Il nuovo arrivato si mise a esplorare le congetture più fantasiose, e dopo amletica cogitazione, fu un incidente a dargli l’idea risolutiva. Un vecchio medico morì per una ferita causata da un bisturi scivolato di mano durante una autopsia. La sequenza clinica del morente era identica a quella delle donne che morivano di febbre puerperale.

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Occlusione e TMD: dati evidence-based

Il ruolo dell’occlusione come fattore eziologico nei TMD è stato per anni al centro di accesi dibattiti ed è stato talvolta definito come “scontro di culture”, ossia una diatriba tra coloro che non vedono nell’occlusione un primum movens eziologico e coloro i quali riconducono la presenza di segni e sintomi di TMD ad una qualche anomalia occlusale.

In realtà, la posizione scientifica più credibile non può che essere basata sulle evidenze attualmente disponibili, che mettono fortemente in dubbio l’esistenza di un’associazione, ancor prima che di un rapporto di causa-effetto, tra presenza di determinate caratteristiche occlusali e TMD (Turp and Schindler, 2010). In particolare, numerose revisioni sistematiche della letteratura, le conclusioni di alcune delle quali sono sintetizzate in tabella 1, hanno dimostrato che l’evidenza scientifica non supporta l’impiego di trattamenti occlusali come approccio terapeutico ai TMD.

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Riflessione programmatica

L’ambizioso proposito di questa scrittura deriva dall’idea di restaurare, presso il popolo dei dentisti, il concetto che l’occlusione efficace - modulata sul nutriente solido per conformarlo all’immissione dentro il corpo umano in cicli giornalieri - sia lo scopo biologico primario e irremissibile dell’umanità dentata. La deriva mercantile della nostra professione porta ad un’enfasi eccessiva riguardo ad una questione minore, come la grandissima cura di un’estetica protesica candida e ingenua, aspetto che motiva presso la pubblica opinione la non necessità di un dottorato.

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RIFLESSIONE PROGRAMMATICA  scarica articolo completo

Si riconoscono quattro ragioni per le quali un individuo possa perdere i denti, e queste ragioni sono proprio quattro, non più e non meno di quattro.
La prima ragione è la malattia cariosa. Gli antichi la considerarono una malattia parassitaria, o chimico parassitaria, motivata dallo squilibio acido basico dell’ambiente orale. I moderni invece, con ragionevole certezza, riconoscono il movente nella flora batterica residente, dominata da un ceppo prevalente di streptococcus mutans che si organizza in placca mucobatterica e che fabbrica cataboliti acidi. La storia naturale di una carie dentale diffusa è inesorabile fino al deserto della edentulia terminale.

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Premessa importante

Lo scopo di questo scritto è un discorso più di metodo che di merito. I negazionisti dovrebbero conoscere bene la procedura, e provarla se capaci, prima di rinnegarne l’efficacia. La letteratura odierna è una babele di opinioni, donde ciascuno può trovare le citazioni buone per i suoi pregiudizi, come fa chi estrae dai libri sapienziali il versetto o la sura buona per la sua devozione. Non esistono autori al di sopra di ogni sospetto, sia gli ignoti di oggi che i notissimi di ieri. La grande letteratura si rende magistrale sulla bocca aperta del paziente, dove il geroglifico delle cuspidi diventa sillabo. Coloro che rifiutano il molaggio selettivo come protocollo clinico si comportano come quelli che scrivono senza avere letto. Il genio sorgivo non esiste.

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MOLAGGIO SELETTIVO PARTE PRIMA.pdf  scarica articolo completo - Il molaggio selettivo parte 1

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Il così detto movimento (o spostamento o scostamento) di Bennett manualmente guidato (o manualmente indotto) è stato descritto da Norman Bennett su se stesso nel 1904. Questo spostamento non era riproducibile con il goniometro di Bonwill inventato nel 1864, quaranta anni prima. Rimase dunque come nozione astratta di un segno soggettivamente percepibile
fino all’anno 1933, quando il maestro Stuart brevettò la prima versione di una strumentazione pantografica per una registrazione dinamica di precisione, compresa l’entità esatta dello spostamento laterale mandibolare di Bennett. Questa misurazione diventò cruciale per il setting (regolazione con cacciavite a brugola) dell’articolatore individuale: in assenza di Bennett la taratura delle camme era abbastanza sbrigativa, mentre con una registrazione positiva di questo scostamento si andava a triplicare almeno il tempo di lavoro, senza mai escludere una residuale approssimazione.

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MOLAGGIO SELETTIVO PARTE SECONDA - IL MOVIMENTO DI BENNETT  scarica articolo completo - Il molaggio selettivo parte 2 - Il movimento di Bennett

Impronte. Si prendano due estese impronte in alginato da colare immediatamente, intra moenia, prima di congedare il paziente. Nelle grandi impronte, contro un luogo comune, un buon alginato è meglio di tutti gli elastomeri di sintesi. Il vantaggio dell’alginato è compendiato in una parola sola:
simultaneità. La simultaneità di presa dell’alginato è di per se stessa evidente, e dunque la sua stabilità immediata, che invece ritorna dubbia su tutti gli elastomeri di sintesi.

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MOLAGGIO SELETTIVO PARTE TERZA  scarica articolo completo - il molaggio selettivo parte 3

1.“Leonardo da Vinci: la perfezione è nella semplicità.”. Consideriamo ora un paziente speciale, che presenta la formula dentale come da figura n. 1.
Per non affaticarci la mente, esaminiamo solo due coppie di molari, stilizzati in una sezione trasversale che interseca il colmo delle cuspidi di centrica. Applichiamo un interruttore di contatto a spot, e ricaviamo la situazione asseverata come in figura 2. Soluzioni possibili: dobbiamo livellare il sistema modificando il rapporto solo per l’asse verticale, o molando il sovracontatto o aumentando il sottocontatto, secondo due variabili booleane (W.) per le quali, se un’azione è giusta, l’azione contraria è sbagliata. Il lettore rifletta sull’immagine schematica, e poi legga la risoluzione.

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MOLAGGIO SELETTIVO PARTE QUARTA  scarica articolo completo - il molaggio selettivo parte 4 - Domande e risposte

 
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